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CAMERA D'ORIENTE (un estratto)

Aggiornamento: 18 mag 2021

EPTALOGIA DI M

III


a M:

Marrone Occidente

***


Opero una preghiera di luce

e ogni morte mi sembra niente

mentre splende nei miei occhi

l'indiscutibile reale di ogni evento.


Spalanco una bufera di luce

e vengo inghiottito dal tempo

scendendo tre mesi dentro l'inverno

preannunciato del vostro momento.


***


Ora so com'è vero

l'Estremo tuo Est.


Et si impius fuero, vae mihi est.


***


IV

Nell’ocra allagata dall'orda di chiari

che svela alla camera la sua fica fosforescente

intendo la nebbia attaccata ai corpi

avverto il nervo caldo delle sospensioni

nel vostro muto nostro stare in posa:

nella ruga rumore dei tuoi occhi è la fame

orientale di saperti fare cannibale cosa

con la carne lucenera delle tue brame.


E sulla pelle del tuo corpo la tinta

delle olive spezzate sul lenzuolo del pane.


***


VIII


Quale euforia artificiale del fuoco ti brilla

un minuscolo spasmo nel varco del guardare...

... forse questa nervatura di viola nel suo occhiale

o forse questo diagonale schiaffo del lampione

che vi struscia le ombre con il suo braccio luminale?

Quale meraviglia apre nel tuo sguardo lo spiraglio

sconfinato della tua via alla seta...

...forse i bianchi strali di questo neon accecante

che sul tuo abbacinato viso occidente

dardano il loro assurdo bagliore allucinante?


Io so, ora, che è la luce di Golden-Gai

dove a Tokyo un quadrato forma un’isola di case basse

che la notte accende come una discoteca galleggiante

nel mare enorme di questo tuo annunciato Levante.


***


XIII

Noi o voi due fuori dal treno verde

che da Shinjuku arriva a Randazzo?


Noi o voi due nel groviglio d’anche e versi

che annoda le lenzuola di due letti diversi?

Noi o voi due nell'osso di dita tenuto in pugno

mentre scorre sottofianco la costa di Kakamura e Fondi?


Noi o voi due in Camera, in giardino

noi o voi due laggiù, qui vicino?


***


XIV


Noi o voi due così contenti

sulla crosta in deriva dei continenti?


***


XX


Ci fosse nelle tue sopracciglia un verbo

che sappia tenere alla maglia di una frase

tutti i pensieri che la tua voce non sa

tenere in canto come in uno sguardo.


E tieni tutto il caldo velluto del tuo marrone

in basso, al principio di dove la linea

come un orizzonte divide l'emerso dal sommerso:

io ti guardo e a strapiombo penso

ad ogni millimetro del tuo istante che mi sono perso.


***


XXII


Non pensi l'Oriente di sottrarsi

al destino che la diga teme:

l'onda equina del tuo marrone

già lo frange, travolge e freme.


Sappia dunque l'Oriente e il suo pallore

che il tuo marrone è Madre

e adombra partorendo dove passa

la prole mediterranea del suo scurore.


***


XXVI


Di nuovo la mano tiene, il dito preme

l’area di voi due in viaggio, sul treno:

di nuovo il tuo braccio allarga il raggio

dell’abbraccio che lo stringe al tuo seno.


Di nuovo fermando la forma

del fremito statuato dentro il movimento:

di nuovo lasciando l’orma

del tuo sorriso sulle cellule leggere del vostro momento.


E hai l’argilla alle labbra, l’acqua agli occhi di sempre

sembri starmi accanto come a Luglio


ed invece stai lì con lui ed è Settembre.


***


XXVII


Il sorriso che hai qui è come la Sicilia intera

inizia nelle anatolie di Trapani l'Estate

e ricomincia dai papiri di Siracusa in Primavera

ha dentro i palmeti bizantini di Monreale

l’arabia acida di Piana

il paleolitico lucertola di Pantalica

gli argenti vertebra delle Madonie

l’ora crudoverde dei Nebrodi

la smorfia muscolorfana di Eraclea

la zolla ruvido nervo di Sciacca

il vento serpente dei Peloritani

le algerie madonna di Piazza

l’azzurro quietosciame degli Iblei

l'osso cristallo dell'Alcantara

la gengiva d'asinonebbia di Enna

il bianco preistoria di Cavagrande

l'aldilà sassolunare dell'Etna

e irrompe di zagare ogni vena di terra

di lentisco le rocce, di fichidindia la costa

ed è sprecato, davvero, quasi un male

vederlo intornato da una laccata

fluorescente flora orientale.


***


XXVIII


Sono come sempre le luci dei tuoi colori

il Mediterraneo dei tuoi marroni

a deflagrare questa nipponica natura patinata

a sovreccitarne il pallore dei suoi aloni.


Come sempre è la tua carnagione

a diluviare d'erbadoro il Mondo

a ravvivare la vita lenta dei pigmenti

destinati all'inespressività artificiale

del croma che affoga nel dogma

la sua nativa eresia primordiale.


Perché, e parlo a questa foto, non esiste

pantone che al tuo marrone sia eguale.


***


XXXIII


In queste quattro ti si vede un fiore a sorriso

gemmare ora per le altre a venire

e sui petali di questo tuo rimanere

vita luminosa, la clorofilla

del vostro lungo bacio ferroviario

nato come appunto, custodito come diario.


***


Ogni narrazione che questa foto fonda

affresca le volte del futuro, lo so

come un cielo palatino di bosco

che nasconde le stelle in ogni sua fronda

per far che il domani diventi

l'odierno d'un passato meno fosco.


Ecce luna etiam non splendet

la conoscenza abita il seno di chi dubita

et stellae non sunt mundae in conspectu ejus

unica vera verità del Mistero che la abita.


***


Ogni futura azione che questa foto prefigura

esiste in quanto ipotesi, lo so

ma ciò che immagina esiste nella verità

del mistero che si redime in congettura

perché se quel che si vede è stato

ciò che si suppone accadrà.


Nihil in terra sine causa fit

nel cieco futuro Tiresia vede

et de humo non oritur dolor

il segreto fedele a cui crede.


***


XXXVI


E che sulle tue ciglia ci fosse poi questo

marrone d’acqua pieno di bronzo

con dentro il chiodo che è nello zoccolo

del cavallo impresso nel fango delle campagne…


…e che poi ci fosse questo sterpo

così albero nel balsamo del rovo

che il palmo del bosco tiene

come fosse seme d’orto…


…e che ci fosse addirittura

come nella zolla che apre bocca al lago

l’anima d’argilla che il prato pulsa

nel fumo di radici portato in cielo dalle fronde…

…solo ora scoprirlo in questa differenza

che la suamia illusione spera di colmare

con il filo tenue del suomio guardare

spezzato in seno alla tua esistenza.


***


XXXVII


In questa che ho adesso sotto memoria

c’è un velo di latte al neon sui vostri visi

e si vede, io lo vedo

che sei stanca, hai dormito nulla ancora

e intorno agli occhi hai

la lingua vegetale del metallo

che implora nel fango delle occhiaie

un fiume convulso che sappia

portare il sonno come una carezza di pesce.


E nel bar ogni altro marrone s’imbarazza

si alza in piedi, s’inchina ed esce.


***


XLI


Solo il carbone darebbe alla scena un così scuro

come quello che il marrone che hai in carne come di spina

chiude addosso al riflesso della stanza che vi contiene.


Solo il Sole regalerebbe alla scena un così oro

come quello che il marrone che hai in carne come di rosa

apre dentro l’abisso della stanza che vi sostiene.


Solo il deserto porterebbe alla scena un simile balenìo

come quello che il marrone che hai in carne come d’ustione

barbaglia contro l’abbraccio della stanza che vi appartiene.

Solo l’acciaio donerebbe alla scena un simile lampo

come quello che il marrone che hai in carne come di nodo

infuria verso le dita di calce della stanza che vi trattiene.


***


LVI


Avesse forma il tuo marrone avrebbe

quella della vena che appartiene alla creta

avesse odore il tuo colore avrebbe

quello che dissemina il momento

in cui la pesca bacia crescendo la foglia

avesse suono la tua pelle avrebbe

quello che il fango vibra al bulbo del fiume

avesse tempo il tuo cuoio avrebbe

l’ora d’oro della roccia nuda dell’altopiano

la stessa che il Sole sparendo bronza sul grano.


***


LIII


C’è forse qualcosa di bianco come il Sole

in questo momento del tuo Oriente

qualcosa che non ha più a che fare

con le città, i templi, il ristorante

ma qualcosa attraversato da poco suono

in cui le gambe si ascoltano meglio delle parole

qualcosa che ha più a che fare

con la voce di tibia che hanno le conchiglie

quando finiscono in sabbia spinte dal mare.


***


LIX


Il colore arbuto che Maggio gemma ai rami

al mattino delle macchie di costa ai mari

lo vedo, nel grembo di questo quadro

districarsi dalla bacca del tuo viso

che vivrà restando com'è stato.


Il colore arbuto che Giugno cede ai sentieri

nel salmastro dei rovi seccati al sole

dilaga dipinto sulla tela del momento

eternando ciò che hai visto in quel che vedo

e ancora capita allorché è capitato.


Il colore arbuto che emani

è l'olio che il lentisco rilascia

quando viene schiacciato

e stracolma di Mediterraneo

l'Oriente che avete fotografato.


***


LX


Mi dico e ripeto: guarda bene il contesto

osservalo a lungo, non pensarlo cornice

rendilo ragione primaria d'ogni loro gesto.

Ma più vedo questa foto, più il tuo sorriso mi dice

che l'Oriente che ti circonda è solo un pretesto

per la taumaturgia della tua bellezza matrice.


***


LXI

Il bacio che dai e vedo in questa foto è il mio:

è la sola via che possiedo e tiene a me vicino

il tuo lontano, avverando in me l'atroce destino

di far mie le labbra che baciando te bacio anch'io.



***


Iniziato il 16 gennaio 2019 a Roma.

Finito il 12 maggio 2019 a Catania.


Orlato dal 25 luglio 2020 al 31 luglio 2020

sotto il glicine della Masseria dei Monelli a Conversano.


Risognato dal 27 novembre 2020 al 31 dicembre 2020

nella mia camera a Pietralata.


Scritto a memoria

come amando ogni cosa.


Amando come amando

ogni tua cosa.


I versi in latino presenti nel poema sono tratti dal Liber Job

nella traduzione latina della Bibbia effettuata

da San Girolamo nel V secolo dopo Cristo.


Sognare nuovamente il poema

è stato come decifrare un viaggio.


Ringrazio perciò chi mi ha aiutato a risolverne il ritorno:

Caterpillar, Claudia D’Oriano e Angela Tomassone.


***


Guido Celli // Camera d’Oriente (Eptalogia di M, III)

Collana // Le Funi

Direzione editoriale // Emanuele Kraushaar

Comitato editoriale // Colombier, Francesca Giammei

Progetto grafico copertina // Reg Mastice

Progetto grafico impaginazione // Michele Zaffarano

Prima edizione italiana // Aprile 2021

Tic Edizioni // Via Agostino Bertani 9 (Roma)

info // ticedizioni.com

Carta interno // Fedrigoni Bulk Ivory 80 g

Carta copertina // Fedrigoni Rough Ivory 300 g

Grafostampa // Via Laurentina 3 (Roma)

ISBN // 9788898960354

Prezzo // 14 €




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